La città greca di Tyndaris, secondo quanto tramanda lo storico Diodoro Siculo,venne fondata intorno al 396 A.c. da Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, per installarvi contingenti di mercenari occupando una vasta porzione del territorio appartenente alla città indigena, poi ellenizzata, di Abacaenum (l’odierna Tripi), su un erta conformazione rocciosa ala cui formidabile valenza strategica condizionò le diverse fasi storiche della città.Legata militarmente a Siracusa fu poi, durante la prima guerra punica,base dei Cartaginesi, di cui era alleato Ierone II ma dopo la battaglia navale del 257 a.C, combattuta nelle acque fra Tindari e le Eolie fra la flotta romana,al comando di Attilio Regolo, e quella cartaginese, si assoggettò a Roma.
Base strategica di Sesto Pompeo durante la guerra civile con Ottaviano, Tindari fu conquistata da quest’ultimo nel 36 a.C e successivamente vi fu dedotta una colonia nell’ambito dell’assetto amministrativo dell’intera Sicilia dovuto ad Ottaviano Augusto. Divenne una delle più fiorenti città della Sicilia durante l’età imperiale,come documentano le sue vestigia.In diverse fasi della sua storia subì ingenti danni e distruzioni:per una frana nel I secolo d.C. e per due violenti eventi sismici nel IV secolo d.C. Sede vescovile in età cristiana ,venne distrutta dagli arabi nell’836.
E’ possibile seguire gran parte del percorso della fortificazione a doppia cortina di blocchi in arenaria a disposizione isodoma,con torri quadrangolari e grande porta a tenaglia nel settore sud-occidentale: venne impiantata all’inizio del III secolo a.C. al di sopra di un primo apparato difensivo risalente alla fondazione della città. Il settore della città rivolto verso mare venne invece fortificato solo fra l’età tardo imperiale romana e bizantina alle quali risale il rifacimento dell’intera cinta.
Il tracciato meridionali delle fortificazioni può essere seguito dal visitatore per un lungo tratto risalendo, attraverso una stradella demaniale, dalla porta a tenaglia alla torre fortilizio bizantino presso le scuole elementari,davanti all’ingresso della zona archeologica. In base al percorso delle mura l’estensione della città in età romana può stimarsi intorno ai 27 ettari.
L’Impianto urbano, il cui primo assetto, risalente con molta probabilità alla fondazione, sembrerebbe in base alle testimonianze archeologiche,e essersi conservato senza soluzione di continuità attraverso la pressoché intera età romana,presentava un tessuto regolare intelligentemente adattato alla particolare geomorfologia del sito ed alle curve di livello,con isolati (insulae) dell’ampiezza di circa 30 m. e della lunghezza di m.77-78, costituiti dall’incrocio ortogonale di tre principali arterie viarie(decumani) in direzione sud-est-nord-ovest, ciascuno della larghezza di otto metri, con una serie di strade trasversali di larghezza minore (cardines) in discesa,ciascuna ampia tre metri.
La determinazione della rete viaria e della cadenza degli isola si deve alle esplorazioni sistematiche condotte unitamente a impegnativi interventi di restauro nel secondo dopoguerra, sino almeno agli anni 70,dalla Soprintendenza alle Antichità di Siracusa,sotto la direzione di L.Bernabò Brea e M.Cavalier, nel settore meridionale –dove fra l’altro è stata messa in luce l’insula IV, ed all’estremità sud-occidentale,in c/da Cercadenari, dove la Soprintendenza di Messina(Sezione ai Beni Archeologici) ha condotto nuove campagne di scavo nel 1993, nel 1996 e nel 1998.
L’ampia fascia della zona archeologica demaniale attualmente aperta al pubblico comprende l’insula IV,delimitata a Sud e a Nord dai decumani meridionale e centrale, la cosiddetta Basilica e il teatro.
L’insula IV, disposta lungo un pendio, è caratterizzata da un’articolazione degli edifici su terrazze; in quella inferiore si aprono sul decumano mediano, sei tabernae (botteghe) mentre sulle successive si sviluppano due case (la casa B, più ampia e ricca, e la soprastante casa C), entrambe con ambienti disposti attorno a un grande peristilio a colonne dai capitelli dorici in pietra.
Il tablinum (sala di rappresentanza )della Casa C presentava un prospetto a due colonne con capitelli fittili in stile corinzio-italico.
Entrambe le case, costruite nel I secolo a.C, su precedenti abitazioni di età timoleontea, sono state oggetto di ristrutturazioni e restauri nell’età imperiale,quando ai pavimenti decorati con tasselli di marmo colorato, in opus signinum(tesserine bianche su cocciopesto) e a mosaici policromi ne vennero sostituiti altri a mosaici figurati in bianco e nero.
Nella parte superiore dell’insula venne realizzato in edifico termale pubblico a cortile colonnato, coi pavimenti dei vari ambienti decorati a pregevoli mosaici figurati in bianco e nero: il simbolo della Trinacria, un toro e i due pilei(elmetti) dei Dioscuri (protettori di Tindari), due pugilatori con indicazioni dei nomi (Verna e Afer), il dio Dioniso etc. Il decumano superiore conduceva verso sud-est all’Agorà (il foro di età romana), solo parzialmente esplorata, attraverso la cosiddetta Basilica, imponente propileo con grande galleria centrale voltata il cui spazio è suddiviso trasversalmente da nove archi: è inoltre fiancheggiata da due strade sormontate da archi “a cavalcavia”.
I dati di scavo condurrebbero a datare non prima del IV secolo d.C. questo singolare complesso,che unisce la tecnica costruttiva a blocchi parallelepipedi di arenaria di tradizione ellenistica all’impiego nelle volte del calcestruzzo, peculiare della cultura architettonica romana.
Nel settore ovest della zona archeologica attualmente attrezzata per la visita, a sud-ovest del decumano superiore, si dispone il teatro, realizzato verso la fine del IV secolo a.C ed ampiamente decorato in età imperiale romana quando fu destinato agli spettacoli circensi.
La cavea è rivolta al mare: un tratto della scena, a “parasceni” è stato ricomposto e ricostruito in situ. L’Antiquarium, all’ingresso della zona archeologica, di recente oggetto di lavori di consolidamento statico e di adeguamento degli impianti di sicurezza,è ora in corso di riallestimento e potenziamento.